Vignettopoli
CLEOPATRA: (NEMMENO) LA PRIMA ESCORT DELLA STORIA
Il termine escort è, oramai, entrato prepotentemente, insieme ad altri inglesismi, nel nostro parlare quotidiano, introdotto, per definire, in modo “politically correct” le frequentazioni femminili – vere o presunte – dell’attuale Presidente del Consiglio.
Escort, per noi italiani, è diventato sinonimo delle varie Patrizia D’Addario che si sono avvicendate e che si avvicendano nelle faraoniche residenze di proprietà del Premier. Secondo Wikipedia il termine escort può riferirsi alla Ford Escort, una autovettura fuori produzione; a una rivista britannica, per adulti oppure è un termine, in lingua inglese, usato per indicare un’accompagnatrice o un accompagnatore e, in senso lato, indica una prostituta di alto bordo.
Indipendentemente dalla definizione, una cosa è certa: le amicizie femminili del nostro Primo Ministro stanno suscitando un enorme scalpore mediatico e non solo in Italia. Queste donne – più o meno giovani e più o meno avvenenti – sono riuscite ad occupare intere pagine dei quotidiani, lunghi spazi all’interno dei telegiornali quando poi, non sono diventate ospiti d’onore in trasmissioni che vantano di essere di “servizio pubblico”.
Ma perché le amicizie femminili di Silvio Berlusconi, oramai ex marito di Veronica Lario, suscitano tanto scalpore?
Se riflettessimo un attimo, ci arcorgeremmo che fin dall’antichità la presenza femminile accanto ad uomini di potere è una costante. Gli uomini che hanno contribuito a scrivere la storia hanno – quasi – sempre avuto un interesse enorme per il sesso femminile e le donne, di contro, hanno saputo approfittare di questa debolezza, a volte in modo intelligente, altre in modo spregiudicato. Nel mondo antico la donna che probabilmente, più di ogni altra, ha suscitato scalpore e fascino nei contemporanei e sui posteri, fu Cleopatra, la regina d’Egitto, forse (nemmeno) la prima escort della storia. Intere generazioni sono state affascinate da questa donna che fu capace di sedurre gran parte degli uomini del suo tempo. Fu accusata di essere donna di facili costumi e senza scrupoli. Per alcuni divenne il simbolo di lussuria e corruzione; venne definita “femme fatale” e “mangiatrice di uomini” ma in realtà gli unici amori conosciuti furono due: Cesare e Antonio e semmai avesse amato altri uomini, ciò non la rendeva peggiore dalle matrone romane del tempo.
Cleopatra VII detta Filopantor (“che ama il padre”) nacque ad Alessandria d’Egitto nel 69 a.C. l’ultima di una stirpe di donne potenti, ma l’unica che arrivò a regnare a pieno titolo. Grazie ad un suo avo, Tolomeo I Sotere che fu uno dei generali che accompagnò Alessandro Magno nella conquista dell’Oriente, Cleopatra poteva dirsi discendente della stirpe macedone. Era figlia di Tolomeo XII un re che preferiva il vino e il flauto alle attività di Stato. Sulla madre non ci sono notizie certe: per alcuni era Cleopatra VI Trifena, per altri una concubina – quindi una escort – della corte di Alessandria. Salì al trono ad appena diciotto anni. Trono, tanto ambito, che, però, per disposizioni testamentarie del padre, fu costretta a dividere con il fratello Tolomeo XIII che divenne secondo la legge, anche suo sposo nonostante avesse solo nove anni.
Fin dalla sua ascesa al potere non nascose né al co-reggente, né ai suoi sudditi che l’unica regnante sarebbe stata lei.All’epoca dei fatti esistevano due Imperi desiderosi di espandersi e dominare: l’Oriente e l’Occidente; Alessandria e Roma. La regina, sin da subito, seguì una politica favorevole a Roma, nella convinzione che per raggiungere i suoi scopi non era necessario sottomettere il Tevere al Nilo, si poteva arrivare al massimo della potenza anche alleandosi con l’Urbe e il fine avrebbe giustificato i mezzi. Cleopatra fu una donna, certamente, intelligente e colta. Qualità ideali per governare su un Paese come l’Egitto.
Parlava correttamente sette lingue – e forse anche qualcuna in più – e, contrariamente ai suoi predecessori aveva imparato anche la lingua e la cultura del suo Paese, un modo per segnare la vicinanza al suo popolo. Il latino, per ironia della sorte, lo masticava male perché lo giudicava una lingua brusca e rozza e i romani un popolo di soldati e contadini. Si interessava alla matematica e alle scienze e, sembra, avesse incoraggiato lavori di ingegneria e la costruzione di opere monumentali ad Alessandria come palazzi, templi, cisterne per l’acqua, sistemi di drenaggio e un canale. Passava intere giornate a fare conti e ad organizzare progetti, il tutto per rendere lustro a se stessa e al suo Paese.
La sua ambizione era spregiudicata, ma sulla sua reale bellezza le opinioni sono discordanti. Un gruppo di studiosi cercò di ricostruire in 3D il volto della regina, usando le raffigurazioni su oggetti dell’epoca con particolare attenzione ad un ritratto inciso sopra un anello. Si scoprì che i suoi tratti riflettevano un’etnia mista e la sua bellezza era ben lontana da quella dei volti di Liz Taylor o di Monica Bellucci che l’hanno interpretata al cinema. Sembrerebbe, infatti, che seppur affascinante e lussuriosa conquistava soprattutto con la voce. Lei stessa ammise che “la mia voce è così insinuante, così lasciva, così avvolgente da essere il mio strumento di seduzione….tutti persuasi e incantati dalla mia voce. Ho parlato e ho dominato eserciti. Ho parlato e ho convinto gli esitanti a lasciare famiglie e regni….”.
Scandalizzava i Romani per il suo sfacciato sensualismo, che veniva forse confuso con la bellezza: per Orazio era il “fatale monstrum” che avrebbe portato Roma alla rovina; per Properzio la “regina meretrix” che avrebbe voluto sostituire le vigorose trombe romane con l’ambiguo suono del sistro. Secondo il giudizio della storia una figura eterna, immutabile e allo stesso tempo molteplice.
Correva il 48 a.C. quando Cesare arrivò in Egitto inseguendo Pompeo all’epilogo della guerra civile, conclusasi a Farsalo a favore del grande condottiero romano. Pompeo, sconfitto, commise l’errore di cercare protezione in Egitto, da Tolomeo XIII fratello-sposo di Cleopatra che invece lo fece uccidere e all’arrivo di Cesare ad Alessandria gli portò, come gesto di amicizia e alleanza, la testa dell’avversario servita su un piatto d’argento. Ma Cesare non era un selvaggio e non apprezzò il gesto anzi “pianse davanti a quello scempio”.
Cleopatra desiderava ardentemente incontrarsi con il grande generale romano, ma non riusciva a trovare il modo di fare colpo su di lui. Per la prima volta temeva di desiderare un uomo, anche se si rendeva conto che l’uomo che stava desiderando, all’epoca, era il più potente della terra. Inventò così uno stratagemma, che Antonio Spinosa, racconta dettagliatamente nel suo libro “Cleopatra, la regina che ingannò se stessa”. Chiese aiuto all’amico fidato Apollodoro Siciliano e si fece trasportare su di una insignificante imbarcazione al porto di Alessandria. L’amico l’avvolse in un prezioso tappeto persiano e con lei stretta con una cinghia dorata arrivò agli appartamenti di Cesare. Sciolta la cinghia, enorme fu lo stupore del generale romano nel vedere una giovinetta di incomparabile bellezza che si levò innanzi a lui con sensualità e lascivia diffondendo tutto intorno un profumo di unguento ai gigli. Bastò uno sguardo per stregarlo.
Trascorse più di nove mesi, in compagnia della regina, girovagando tra le meraviglie dell’Egitto: oramai l’alleanza con l’Urbe – e non solo – era fatta. Cleopatra aveva raggiunto il suo scopo. Nove mesi in Egitto erano serviti a Cesare per consolidarne l’alleanza; a Cleopatra anche per dargli un figlio: Cesarione. Cesare, ben presto dovette rientrare a Roma, dove la prolungata assenza l’aveva reso debole. Lungo il viaggio tentò di mettere ordine nelle province più ribelli: sconfisse in Asia Minore Farnace e coniò la famosa frase “veni, vidi, vici”, quindi, con Cleopatra al suo fianco, fece un trionfale rientro all’Urbe. Il suo ingresso sollevò un polverone di pettegolezzi, anche perché a Roma, viveva la legittima moglie del generale, Calpurnia, che mai ripudiò, nonostante la tentazione di farlo per sposare Cleopatra, con il pretesto della sterilità di lei.
La regina egiziana viveva in una splendida residenza ai piedi del Gianicolo attorniata da uno stuolo di servi portati dall’Egitto e di cittadini romani che volevano “ingraziarsi la compagna del padrone di casa”.
All’inizio del 44 a.C. Cesare, in procinto di ripartire per una nuova impresa in Oriente, fu fermato dal pugnale dei congiurati che lo uccisero in Senato: ventitré pugnalate, di cui una solamente, mortale. Nel testamento di Cesare furono estromessi sia Cleopatra, che il figlio Cesarione, come prescriveva la legge romana. Alla regina non rimaneva altro da fare che rientrare ad Alessandria. Lasciò comunque un grande segno a Roma: la diffusione dei costumi orientali e l’influsso della scienza e della religione egizia. E Roma lasciò un segno indelebile nel cuore di Cleopatra: era la città che aveva ucciso l’unico – forse – amore della sua breve vita.
Morto Cesare, l’Oriente toccò al trinuviro Marco Antonio, l’Occidente, ad Ottaviano e a Lepido l’Africa. Fino ad allora l’Egitto era riuscito a mantenere la sua indipendenza e per Cleopatra doveva continuare ad essere un paese libero dal giogo dell’urbe. Per farlo occorreva irretire il nuovo governatore delle terre d’Oriente: Antonio, un uomo bello al punto da essere paragonato a Ercole, di cui ne vantava la discendenza. Un valoroso condottiero, fino a quel momento stimato da Roma e dal suo esercito. L’incontro tra Antonio e Cleopatra avvenne nel 41 a.C. quando secondo Plutarco, lei arrivò su un vascello dalla poppa d’oro con le vele spiegate dal vento. I rematori vogavano contro corrente con remi d’argento al suono di un flauto accompagnato da zampogne e liuti. Essa era sdraiata sotto un baldacchino coperto d’oro”.
Antonio pensava che con Cleopatra, come uomo, avrebbe aggiunto un nuovo trofeo alle sue conquiste amorose; come generale si augurava un appoggio per sconfiggere i Parti. Per Cleopatra, invece, era un “mezzo” per annettere nuove terre al suo Paese, tra cui l’ambita Giudea, a cui però il triumviro non sembrò, mai, porre troppa attenzione, intento com’era – o meglio come sembrava essere – nella sua guerra contro i Parti. Antonio, dopo avere trascorso del tempo in Egitto sembrava non essere più padrone delle sue facoltà; sembrava vivere sotto l’influsso di certe droghe o di stregoneria. Dappertutto cercava lo sguardo di lei e pensava al modo di tornare presto al suo fianco, non di sconfiggere il nemico.
Infatti, sembrerebbe, che Antonio per evitare di passare l’inverno lontano da Cleopatra, avesse preferito concludere il conflitto con in Parti in tutta fretta, firmando con loro un trattato di pace. Le sue truppe sostenevano che il generale passa la misura e cede alla lussuria di una zingara. Ormai è lo zimbello di una puttana.
Quello che maggiormente attirò le ire di Roma su Antonio, non fu l’epilogo del conflitto contro i Parti m l’episodio noto come “Donazioni di Alessandria”. La regina ottenne il titolo di “regina dei re” e nominata reggente d’Egitto e di Cipro insieme al figlio Cesarione, avuto da Cesare. Ad Alessandro Helios, fratello gemello di Cleopatra Selene, figli di Antonio la reggenza di Armenia, Media e Patria. A Cleopatra Selene la Cirenaica e la Libia. Mentre a Tolomeo, terzo figlio di Antonio e Cleopatra, la reggenza di Fenicia, Siria e Cilicia.
L’evento fu un trionfo per Cleopatra, ma un affronto per Roma, in particolare verso il rivale Ottaviano. Seppure i figli di Antonio, fossero a tutti gli effetti romani venivano messi in subordine rispetto a Cleopatra che era diventata “regina dei re”. Di fatto tutti i territori erano stati espropriati all’Urbe. Questa situazione scatenò un conflitto tra Antonio e Ottaviano. Intanto Cleopatra regina soddisfatta, ma pur sempre una donna cominciava ad avere dei dubbi sulla sincerità dell’amato. Si stavano preparando al grande conflitto contro Ottaviano, ma il suo Antonio aveva bisogno di lei come donna o solo come fornitrice di armi, soldi e soldati? Cleopatra, arrivò, così, alla decisione che avrebbe appoggiato Antonio in guerra solo se l’avesse sposata con un matrimonio che non solo doveva essere sbandierato, ma che doveva valere a tutti gli effetti di legge. Ciò voleva dire per Antonio ripudiare la moglie romana Ottavia. E così fu.
Antonio e Cleopatra nel combattere Ottaviano facevano conto più sulla fortuna che non sulla preparazione e la prestanza del loro esercito. Il conflitto si concluse con la battaglia di Azio a favore di Ottaviano. Immediatamente la regina, preoccupata per il futuro suo e dei suoi figli andò al cospetto del vincitore, che la ascoltò ponendole una condizione: Ottaviano avrebbe concesso la pace con l’Egitto solo se la regina avesse ucciso Antonio. A delitto compiuto avrebbe rinunciato a marciare su Alessandria. Era chiaro che le sue ambizioni erano diventate oramai irrealizzabili. Ottaviano non era disposto a cedere alla sua sensualità, dunque che senso avrebbe avuto vivere in quella maniera? Oramai aveva deciso: meglio morire da regina, che essere portata prigioniera a Roma.
Stessa decisione era stata presa da Antonio: era meglio la morte. Aveva chiesto al servo più fidato Eros di ucciderlo , ma lui, in lacrime preferì uccidere se stesso. Antonio diede un ultimo calcio alla corazza e si fece cadere sulla sua spada. La morte non arrivò subito. Era agonizzate e chiese ai servi di ucciderlo per mettere fine al suo dolore, ma questi fuggirono dalla paura. Cleopatra appreso l’evento si fece portare Antonio, avutolo al fianco si gettò disperatamente su di lui nell’attimo in cui il generale romano esalava l’ultimo respiro. L’altro uomo della sua vita l’aveva lasciata. Era morto. Cleopatra nell’abbracciare l’ultima volta il cadavere di Antonio disse unisco il mio corpo al tuo, le mie labbra alle tue. Si fece mordere il seno sinistro e nell’attimo in cui stava lasciando la sua travagliata vita terrena pare avere proferito queste due ultime parole oh Antonio.
Cleopatra aveva trentanove anni, di cui ventuno da regnante e quattordici accanto ad Antonio. Si conclude in modo tragico la storia di una donna, una escort, come la definiremmo noi, che non fu (nemmeno) la prima nella storia, ma che certamente non sarà nemmeno l’ultima.