Cinema & Spettacolo
Fellini otto e mezzo
Un percorso da molti considerato come lo specchio riflesso della crisi di mezza età del grande maestro, elaborata sottilmente fra flash back di passato e presente, in una ricerca confusamente intelligente che attinge alla realtà del “genio”. La trama si snoda partendo da una crisi profonda di un regista quarantacinquenne, Guido, impersonato da Marcello Mastroianni, costretto per motivi di salute ad un riposo forzato. L’evento fa si, che i passaggi salienti della sua vita, si ripresentino a lui, in immagini magistralmente confezionate dal grande Federico Fellini.
Un’autoanalisi all’insegna della cinematografia d’autore, grazie alla superba fantasia che ha sempre fatto la differenza negli squarci di vita cinematografici felliniani, e nel rivisitare se stesso attraverso Guido, Federico mostra il suo essere italiano medio e così lo descrive: “Qualcosa che oscilla tra una sconnessa seduta di psicanalisi e l’esame d’una coscienza sconclusionata; un film malinconico, quasi funebre, ma volutamente comico” .
Una crisi sapientemente camuffata, specchio riflesso di quei successi che ne hanno immortalato le pellicole osannate da critica e pubblico di tutto il mondo, e poi, la cruda realtà: ritrovarsi a dover affrontare la realizzazione di un nuovo film con le difficoltà che lo stesso comporta, e il timore di non riuscire a riconfermare il suo genio. I personaggi a cornice, riflettono il forte palcoscenico emotivo nel quale si muove il maestro che rigetta al pubblico con confuso senso dello sdrammatizzare, il dramma interiore di un uomo che sente di dover cominciare a fare un piccolo bilancio. Guido è Federico. Egli si rivede e si racconta, confondendo le acque con persone che mostrano con il loro apparire in celluloide, le sue incertezze, dubbi e angosce, le stesse che attanagliano ogni uomo in questa particolare fase di vita. In uno strano carosello si avvicendano e intrecciano vite di donne che allietano il suo vivere bugiardo affettivamente, i collaboratori che lo mettono in crisi sul lavoro con interventi sui quali nulla può obiettare, gli stravaganti individui che per la loro semplicità nel porsi, lo ricaricano in serenità, o lo obbligano ad un ascolto totale di se stesso, senza mezze misure. E lui si guarda impietosamente dentro. Il film è come un salto nel buio della sua vita di luce, un voler ripercorrere a ritroso, con l’intento di farsi del male, quel passato di giovinezza, al fine di celebrare l’invecchiamento fisico ed intellettivo che l’ha colto di sorpresa per tentare forse di correggerlo con la sua mente fantastica che ancora scalpita.
E ‘ la magia felliniana che attraversando Guido rimanda allo spettatore un momento di autoanalisi stravagante che lascia interdetti, affascina, ma al contempo, atterrisce. Un ennesimo capolavoro cinematografico, che affonda con veridicità disarmante nella vita di Federico /Guido che dalla vita ha ottenuto tutto: soldi, popolarità, moglie, amante, donne e non ha mai rinunciato a nulla, ma è costretto, suo malgrado a rimettere in discussione se stesso e lo fa, ma con la voglia di ritoccare qualcosa, quella paura di invecchiare, il nemico da camuffare, che non vorrebbe vedere. Tra i ricordi cercati, si lascia nuovamente tentare da una giovanissima donna, come a voler riprendere in mano attimi di insperato miglioramento in un’altalena di vibranti emozioni, dove la fantasia fa da perno a quelle immagini del suo vivere, in una straordinaria sequenza di episodi rivisti con occhi antichi.
Ma è sufficiente portarsi a letto una fanciulla, cedere alle lusinghe di una giovinezza che non è tua, per sfuggire al ghigno della vecchiaia, agli implacabili danni che essa si porta dietro?
Da questo rocambolesco teatro di vita, scatta il pensiero suicida, che prontamente sarà cancellato grazie all’opera di un mago che intercettandone il tremendo proposito, finisce per farlo ritornare in se. Quanti non riescono ad accettare il grande gioco della vita con tutti i suoi pro e contro? E quanti Guido all’improvviso comprendono che è proprio questo il “senso” della vita: fatto di accettazione, anche di quello che non ci piace e riconoscere quei limiti che prima si superavano. Otto e mezzo è il film confezionato per l’uomo abituato a “non chiedere mai”, e che deve cominciare a chiedersi che le età della vita hanno diverse chiavi di lettura e non tutte si assimilano con la facilità che la giovinezza permette.
Chi vuole realmente “decodificare” il messaggio criptico del film, si specchi in Guido, vedrà Fellini e poi se stesso. Lo spettatore, diventando attore dello stesso film, salta così facendo, l’analista, è la telecamera a fargli fare il passaggio straordinario, immettendolo direttamente nella pellicola. Da un’immagine all’altra, egli si muoverà in un itinerario tortuoso e sofferto dove l’aiuto di una mente creativa farà da ” lettino” alla sua proiezione di vita. Il risultato: uno scavare l’egoismo dell’uomo che troppo brama il piacere di vivere, e poco sonda le sue angosce che lo ghermiscono, giorno dopo giorno, senza percepirle, ma che si sommeranno, una dopo l’altra, nel suo percorso di vita e con la maturità si manifesteranno per un maestoso zibaldone che svilirà il suo ‘Ego, spaventandone l’Essere che sarà costretto a fuggire per non Apparire a se stesso!
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- nicdamiano