Il Lettorante
Esotericamente Nietzsche, il filosofo del mistero
Scrive Giorgio Colli nella raccolta dei suoi testi “redazionali” su Nietzsche intitolata, appunto, “Scritti su Nietzsche”, edita da Adelphi di Milano, nel 1980, a pagina 12: ” Nietzsche divenne un fantasma” e aggiunge, “e contro un fantasma si rivolsero in seguito, e ancora oggi si rivolgono, le esecrazioni di coloro che erano subentrati ai fanatici esaltatori”. Se la figura di Nietzsche ha raggiunto, nell’ambito della cultura, una condizione fantasmatica, andando oltre la valenza negativa, di condizione di fraintendimento del filosofo, possiamo partire da questo fatto per tentare di riconoscere nel nostro filosofo un rapporto originale con il “mistero”. Colli scrive; “ la Nascita della tragedia” è l’opera più “mistica” di Nietzsche nel senso cioè che richiede un’iniziazione”. (Pg. 16-17) In altri termini, avvicinarsi ai testi di Nietzsche, in particolare a questo, non è possibile semplicemente inforcando un paio di occhiali e incominciando a leggerlo dalla prima riga all’ultima. Colli usa le espressioni: “mistagogo….inesprimibile…gradimisterici……nuova visione…epopea…esperienza estatica……” (Pg. 17). Siamo di fronte ad un lessico di pratica religiosa in cui, scrive, “l’approccio dell’iniziato si realizza attraverso la lettura degli autori antichi”. Siamo quindi, qui, nell’ambito di una lettura “rituale”, lontana dalla pratica “scientifica” e razionale alla quale siamo abituati. Siamo nei pressi del “mistero”. E, infatti, Giorgio Colli parla di un “linguaggio misterico di Nietzsche”, aggiunge che ci troviamo di fronte ad una “esperienza esoterica” (pg 18) che si fonda sull’incontro con due mondi: la Grecia arcaica e l’oriente indiano. Scrive Colli: “Il rituale di questa esperienza diretta, non mediata, è la musica” (pg 19). Ecco, allora, che abbiamo individuato gli ingredienti del rituale misterico nietzscheano: i libri e la musica, i libri della Grecia arcaica e i testi della cultura dell’India, vedica, la Gita evidentemente. Ma cosa accade, in questo rituale? “l’antichità doveva restare appunto qualcosa di antiquato, di inoffensivo, eventualmente edificante o illustrativo o retorico o dissezionato. Come si poteva permettere che diventasse qualcosa di ingombrante, di vivente, che non si può “storicizzare”, cioè sterilizzare?” (pg 26). In altri termini, nel rituale misterico di Nietzsche si da una pratica che agisce direttamente sul presente, direttamente sul cuore e sui nervi della persona. Gli “strumenti” sono “l’ebbrezza e il sogno…” (ivi). Chi entra nelle stanze segrete di Nietzsche, allora, si arrischia ad un incontro che da “un brivido”; si tratta dell’incontro, insieme di Apollo e di Dioniso. Ma “prima di ogni altra cosa, e in comune, [questi dei]possiedono l’uomo con la follia” (pg 27). Follia significa distacco dal quotidiano, dall’abituale. La follia è già nel rituale, che è spettacolo. Scrive Colli: “E se la via dello spettacolo fosse la via ella conoscenza, della liberazione, della vita insomma?”(pg 29). La via esoterica di Nietzsche è la via dello spettacolo, allora. Ricordiamo che sia il termine “spettacolo” che il termine “spettro”, rimandano allo sguardo, alla vista, alla visione. Ci rammentiamo, pure, come Colli avesse definito Nietzsche un “fantasma”, ossia uno spettro. La dimensione spettacolare dell’esoterismo, allora, è quella che emerge dalla lettura che Colli compie di Nietzsche. Essa, tuttavia, viene riallacciata, da Colli, in un modo inatteso, con quello della poesia. Commentando i “Ditirambi di Dioniso”, ovvero la raccolta di poesie, messa insieme da Nietzsche nella fase finale della sua lucidità mentale, Colli scrive: “E chi si rivolge, beffardo o compassionevole, con moniti o esortazioni, al personaggio Nietzsche-Zarathustra? Non Nietzsche stesso, ma una voce [corsivo nostro] che parla attraverso di lui, la voce del dio da cui i Ditirambi traggono il nome: si tratta forse dell’oscura presenza sovrumana che Nietzsche avverte vicino a sé, incombente e minacciosa, anche in altri momenti della sua vita?”. Pg 193). Certamente, l’esperienza precoce, infantile, della morte del padre avrà segnato per sempre il rapporto di Nietzsche con la morte e con i morti. E, forse, in Nietzsche passa attraverso la poesia e ci indica come la dimensione esoterica del pensiero di Nietzsche e la nostra debba passare attraverso, appunto, la dimensione poetica. Ciò spiegherebbe, anche, la ragione per la quale la pratica dell’esoterico sia decisamente prossima alla dimensione letteraria. Ma, nella sua riflessione mai per un istante banale, sull’opera di Nietzsche, Colli, quando affronta il commento della parte finale di tale opera, riflette in modo originale sulla curvatura autobiografica e personale che ha preso, infine, la riflessione di Nietzsche. E scrive: “In un senso più generale, questo ripiegarsi di Nietzsche sulla propria persona, è il cammino seguito da ogni misticismo filosofico……” (pg 184). Se il misticismo rinvia all’esoterico, allora dobbiamo dedurne che non c’è, in realtà, nulla di più esoterico dell’ultima parte dell’opera di Nietzsche; e, in tal senso, Ecce Homo, richiede lo stesso tipo di “iniziazione” che Colli aveva indicato, all’inizio, per la Nascita della tragedia greca! In altri termini; quando scrive che “il valore di un filosofo, di un artista risieda in un elemento personale…nella sua natura, nel suo carattere, è un’indicazione che tende…… a favore di una manifestazione diretta della sapienza, della superiorità di una sapienza fisiologica” (pg 183). Dunque, la dimensione esoterica, in Nietzsche, va ricercata dalla ricerca, nella sua opera, di una “persona” – ricordiamo che in francese, il termine “personne” significa sia persona, che nessuno -, di una persona che, tuttavia, è sfuggente, che cerca di nascondersi, di restare nell’ombra, come uno spettro, appunto. E, dunque, Colli scrive ancora: “…ogni ipotesi è possibile, a cominciare dal suggerimento che in ogni sua epoca, e in ogni sua opera, Nietzsche scrive come “un posseduto dal dio”, ossia, secondo la visione dei Greci, come rapito dalla “mania”; nel dettaglio, quanti passi dell’Ecce Homo appaiono folli ad un occhio freddo, sobrio, e si rivelano come allusioni esoteriche, simboli di un’arcana tragedia, trasposizioni gestuali, per chi voglia e sappia concedersi a un’altra comunicazione?” (pg 188). L’opera nietzscheana è, se si segua l’analisi di Colli, continuamente percorsa da una tensione esoterica. Infatti, scrive ancora: “Un frammento inedito…… è particolarmente degno di attenzione, per l’amatore dell’”enigma” Nietzsche: “Essoterico-esoterico…” ……… Di fronte a molte sue formulazioni costruttive, o addirittura sistematiche, che caratterizzano gli scritti di questi anni e di quello successivi, è dunque inutile stupirsi, o sforzarsi di criticarle: per Nietzsche si trattava di un’elaborazione essoterica, e lui stesso ne conosceva le debolezze, se a esse contrappone un punto di vista esoterico………… si potrà rintracciare la coesistenza di un’elaborazione essoterica tendente alla divulgazione e di un approfondimento segreto, personale del suo pensiero” (pg. 161-162) Un oggetto definito caratterizza questa posizione in Nietzsche: “E’ dunque l’esperienza misterica dei Greci che viene posta al centro di quell’enigma. L’”acceso sotterraneo” conduce a una visione mistica. E del resto già prima Nietzsche aveva detto che la fede dei misteri, in Grecia, consisteva nell’intuizione dell’eterno ritorno” (pg. 153). Ecco che allora si può scrivere che, nel cuore della modernità, il filosofo Nietzsche, dietro alle sue opere cerca di nascondere l’esperienza che lo porta a rivivere, lui uomo dei nostri giorni, della scienza e del positivismo, una dimensione del “religioso”, del “mistero” affine a quella della Grecia arcaica, saltando a piè pari due millenni di esperienza religiosa cristiana. Da questa esperienza “mistica” “In conformità alla sua intuizione dell’angoscioso isolamento dell’interiorità, alla sua certezza dell’incomunicabilità della sapienza, la sua visione della Grecia assume un carattere diverso, misterioso, nascosto arcano” (pg.152). E’ allora tutta una dimensione “simbolica” che, al di là dell’apparente chiarezza e “scientificità” delle sue opere, traspare dall’opera di Nietzsche, a cominciare da “Così parlò Zarathoustra”. E’ mai stato tentato un approccio “esoterico” davvero serio di quest’opera, che sapesse ascoltare senza pregiudizi le “melodie” e le combinazioni simboliche dei suoi versi? E’ noto come Nietzsche fosse un infaticabile elaboratore di combinazioni “architettoniche” nella costruzione dei suoi libri; la scelta dell’ordine dei suoi aforismi, per esempio, risponde probabilmente anche a una logica “numerologica”, forse inconscia, ancora da studiare. D’altra parte, Nietzsche coltivò senza sosta il “culto” delle ricorrenze; compleanni, onomastici, e altre date “fatidiche”. Questo culto lo ereditò probabilmente dal padre che lo chiamò, appunto, Friedrich Wilhelm, in onore del compleanno del sovrano, che cadeva appunto il 15 ottobre, giorno della nascita di Fritz. Facciamo un esempio, per illustrare quanto i numeri potessero giocare un ruolo nella biografia/”biologia” nietzscheana: egli nasce nel 1844, nel 1888, il 15 ottobre, a 44 anni, in Ecce homo, scrive di “seppellire” quello stesso anno, insomma di considerarsi come un morto e un sopravvissuto, uno spettro potremmo dire. Nietzsche muore davvero il 25 agosto del 1900, dunque 10 mesi e 10 giorni dopo il compimento del suo 55 esimo anno, 11 anni dopo essere “simbolicamente” morto. Se aggiungiamo 11 anni al 1844, otteniamo il 1855. In questi 10 mesi termina il XIX esimo secolo e comincia il XX. Questo giorno, il 25 agosto, è dedicato a San Luigi, Ludwig. Il padre morto precocemente di Nietzsche si chiamava Karl Ludwig, il nonno Friedrich August Ludwig, il fratellino morto quando egli aveva 5 anni, Ludwig Joseph. Dunque si potrebbe quasi dire che per quasi 11 Colui che sopravvive, come uno spettro, a Fritz Nietzsche è, in effetti, Ludwig Nietzsche, che si può ipotizzare fosse il nome “segreto” incorporato da Nietzsche e collegato all’esperienza dei lutti in lui. Riguardo al 25 agosto, ancora, quello del 1859, scrive una poesia dal titolo eloquente: “Ritorno”, e recita: “Sulla tomba del padre/Molto pianto ho versato,/E roventi le lacrime/La fossa hanno bagnato./ Restar nella paterna/Casa m’è ormai sì amaro/ Che sovente nel cupo/Bosco cercai riparo”.( La mia vita, Adelphi, Milano, 1977, pg. 68). Dunque, si può dire, quasi scherzando, che Nietzsche abbia dato con la sua stessa vita i numeri. E Così parlò Zarathoustra, l’opera “centrale” in Nietzsche, potrebbe essere studiata proprio in termini “esoterici”, avendo una particolare attenzione sul modo in cui i vari versi e i vari canti sono stati “montati” da Nietzsche che “per anni “…elaborò, scarnificò le sue sentenze….pazientemente raccolse il suo orzo triturato, raggruppandolo successivamente in un ordine e in un altro, variandolo…….” ( 117). Infatti ” Il pathos che sta alle radici di Così parlò Zarathoustra è quello di un illuminato dalla conoscenza suprema” (pg 119), “Zarathoustra è l’uomo che ha colto la conoscenza misterica, e la sua azione – la più benigna e la più feconda…” (Pg. 122). Ecco che allora, la dimensione “esoterica” appare, nell’interpretazione che G.Colli di Nietzsche, essere una dimensione positiva, salutare, una dimensione della conoscenza: “Il valore più alto della vita nella conoscenza, e il riassorbimento di ogni azione nella conoscenza: di questo i Greci soltanto sono stati il modello” (pg. 123). E, se dunque la conoscenza si da, anche, come esoterica, accanto alla cosiddetta scientifica o razionale, è questa dimensione non secondaria, anche se spesso oscura, nell’uomo che, insieme a G. Colli, in Nietzsche possiamo conservare e coltivare in modo affermativo.
Illustrazione di Nietzsche e copertina del libro di Roberto Borghesi scritto sul Filosofo
- VIA
- Roberto Borghesi