Vignettopoli
Dalla carta igienica alla Microsoft
Siamo nel 2010: un’epoca caratterizzata da un (falso) benessere dovuto, così dicono, alle grandi risorse tecnologiche da cui siamo attorniati. Abbiamo la lavastoviglie per lavare i piatti che ci permette di essere programmata con data e ora in cui deve cominciare il suo prezioso lavoro.
Abbiamo il cellulare, nostro amico-nemico, con cui siamo rintracciabili ovunque e con cui possiamo accendere il riscaldamento di casa piuttosto che mandare e ricevere mail. La vecchia cartina geografica è stata sostituita dal GPS e via dicendo. Ammiriamo moltissimo, forse anche con un pizzico di invidia, le menti eccelse che hanno inventato tutto ciò, e che stanno lavorando per chissà quale altra diavoleria. Guardiamo Bill Gates, uno degli uomini più ricchi del mondo: bruttino, un tantino sciatto con quei grossi occhiali del tipico “secchione” delle nostre vecchie scuole elementari, ma con un cervello che vale molto di più di ciò che ha accantonato nel tempo. William Henry Gates (noto ai più come Bill Gates) è il terzo uomo più ricco del mondo. Scopre il computer nel 1968 insieme ai suoi compagni di classe della Lakeside. Già da allora si differenzia per le sue straordinarie capacità informatiche.
Si narra che il primo computer che usò fosse un DEC PDP-10 di proprietà della Computer Center Corporation. Bill e la sua “combriccola” passavano talmente tante ore su questa macchina da cominciare, prima a non essere puntuali nei compiti e poi, ancor più grave, a marinare la scuola. Nell’autunno del 1968 la Lakeside si accorda con una nuova società per un nuovo computer. La “gang”non perse molto tempo: prima causando blocchi all’antiquato software, poi, introducendosi nel sistema di sicurezza modificando, così, i numeri di ore computer da loro usate. Furono scoperti e ciò significò, per un caso del Destino l’inizio della brillante carriera di Bill. Infatti, Gates e la sua band, furono assunti dalla stessa società informatica che li aveva banditi come hacker, per trovare le debolezze del loro sistema ed in cambio ricevettero tempo illimitato di uso del computer. Nell’aprile del 1975 fu fondata la Microsoft Corporation. Da oramai trent’anni ben conosciamo gli sviluppi del colosso americano, fino alla nostra oramai indispensabile internet. Vero simbolo di globalizzazione. Tutte queste tecnologie, però, ci rendono ciechi dinnanzi agli oggetti di uso comune a cui siamo talmente abituati da sottovalutarne l’importanza. Oggetti del nostro quotidiano che la moderna tecnologia non ha ancora bandito ma che, probabilmente, nemmeno mai riuscirà a sostituire. Ad esempio mangiamo con forchetta e coltello (almeno noi occidentali); beviamo con il bicchiere e poi…..nelle nostre toielette non manca mai la CARTA IGIENICA.
Abbiamo scelto di incominciare dalla Microsoft, perché indipendentemente dalla sua innegabile importanza è il frutto di menti superdotate: non tutti, purtroppo, hanno capacità intellettive tali da creare programmi di comunicazione informatica; già solo la definizione di questi è incomprensibile. Certo per la carta igienica, Voi capirete che il discorso è ben differente. Vi siete mai chiesti chi è l’inventore di questo prezioso rotolo che troviamo sempre a nostra disposizione? Anzi che è diventato la disperazione di mogli e madri che debbono prontamente, sostituire il nuovo al vecchio. Per i mariti e i figli sembra che sia uno sforzo titanico cambiare il rotolo quando finisce. Ebbene, la carta igienica è stata inventata negli Stati Uniti nel 1857 da un certo Joseph Cayetty, il cui nome, per non si sa quale sadico motivo era stampato su ogni singolo foglio. Anche se le prime tracce di questo prezioso ausilio nella nostra routine quotidiana pare risalgano al XIV secolo in Cina, dove già veniva usata dalla famiglia imperiale. Su Wikipedia la carta igienica viene “tecnicamente” definita come “prodotto di carta utilizzato per una sommaria igiene intima dopo la defecazione o la minzione”.
Il più diffuso è il classico rotolo bianco, anche se la tecnologia e l’estro hanno fatto della carta igienica, se vogliamo, un vero e proprio complemento d’arredo: l’hanno creata colorata, con le più variegate fantasie, l’hanno profumata, addirittura l’anno “impreziosita” non solo di veli uniti insieme per renderla più morbida, ma le ultime novità del mercato propongono fumetti e barzellette stampate sui vari fogli, in sostituzione del classico giornale letto nell’unico momento libero e di privacy che ci è concesso quotidianamente.
Sempre su Wikipedia leggiamo che il mercato della carta igienica in Europa vale 8,5 miliardi di euro e rappresenta il 26% del consumo mondiale. Ogni europeo ne consuma in media 1,3 kg. Ogni anno per un totale nell’intera Europa pari a 5,5 milioni di tonnellate oppure 22 milioni di rotoli complessivi. Cari lettori ci pensate?
Oggi la diamo per scontata perché c’è ed esiste, però riflettendoci ai tempi non era così ovvia e per inventarla non è servita chissà quale mente eccelsa. Infatti, noi ci sorprendiamo per ciò che definiamo hi-tech, per tutto ciò che racchiude un non so che di tecnologico, un non si sa quale ragionamento della mente umana, mentre dimentichiamo o, peggio ancora, sottovalutiamo ciò che è solo frutto di fantasia e iniziativa. Oggi la nostra società non ci permette più l’iniziativa, fosse anche quella più elementare: ci inculcano tutti i giorni che il mercato è saturo, i costi sono troppo alti, le tasse sono alle stelle. Ci convincono di vivere nei problemi, in un mondo dove anche il minimo imprevisto diventa insormontabile, magari proprio perché la tecnologia non arriva a risolverlo in modo diretto ed immediato.
Ci stiamo annichilendo dinnanzi a uno schermo, più o meno bello più o meno grande: ci si sente con gli amici via e-mail così la vecchia lettera è andata in pensione. Oggi i nostri fidanzati non si recano nemmeno più dal fioraio. Si mettono al computer digitano il sito (dove trovano anche le frasi prestampate da porre sul bigliettino) inseriscono il numero della carta di credito e via il gioco è fatto!
Abbiamo difficoltà a scrivere con la penna: stiamo disabituando la calligrafia, che si trasforma di giorno in giorno in “zampa di gallina” e peggio ancora, non sappiamo più scrivere le parole in italiano. Sul computer abbiamo la correzione automatica: si scrive con o senza la “i”? si scrive con la “c” o con la “q”? quante volte ci poniamo queste domande?
Non parliamo poi, della matematica: oramai facciamo 2+2 con la calcolatrice, che, ovviamente, è presente in tutti i computer. La tecnologia è utile anzi per certi versi indispensabile, ma come in tutte le cose quando è troppa non va bene: diventa la tomba dell’iniziativa e uccide la nostra personale creatività, standardizzando tutto ciò che facciamo. Persino i nostri bimbi, già dal primo giorno di scuola si trovano, tra le materie l’informatica: non sanno nemmeno tenere in mano la penna, ma già devono sapere cos’è un computer. La tecnologia, preziosa risorsa, ci permette di fare tante cose, ma non dimentichiamoci di avere un cervello, più o meno dotato, che è completamente staccato dal computer. Ricominciamo a farlo funzionare “autonomamente”, chissà magari anche nel 2010 assisteremo ad una nuova invenzione, che sarà solo frutto dell’iniziativa di soggetti che rimarranno, anonimi nella storia, ma pur sempre importanti per ciò che, effettivamente, il loro cervello è riuscito a creare. Inventiamo, diamo sfogo alla fantasia, rimaniamo indipendenti dalle macchine e ricordiamoci di avere un’anima, una personalità e tanta “materia grigia” a disposizione che non va sprecata e che soprattutto non verrà mai sostituita dalla tecnologia, a meno che non saremo noi a permetterlo.