Il Lettorante
La genialità
Il genio della lampada non è geniale. Aladino, sì. Ma il “genio del cuore” di cui scrive Nietzsche, è ben l’ispiratore della sua genialità. La genialità, allora, appare essere una “entità”, una “presenza” impalpabile, una forza, una “pulsione” per dirla con Freud, che affianca colui che si accinge a compiere un’opera.
La genialità è un “di più”, un eccesso, che spinge oltre la norma, oltre il consueto il prodotto di un “artista”. Certamente la genialità nei i panni di Arlecchino, è un impulso che imprime accelerazione al pensiero. Essa non consoce limite alla sua espressione, né di tempo né di spazio. Si dice che la genialità sia indice di originalità, ma forse è di più l’espressione dell’intelletto che quando cerca una soluzione diversa ad una situazione attinge ovunque i mezzi per realizzarla. In questo senso potremmo dire che la genialità “anarchica”; non è incasellabile in una forma di potere. Infatti essa non si impone sulla base di una forza impositiva; la genialità convince sempre con la forza della sua sorpresa. Tuttavia la genialità non nasce come un fungo bianco nel deserto; essa spicca il suo volo partendo dai piedi ben piantati nella disciplina in cui si trova a muoversi. Prendiamo la musica; quanti “geni” si sono succeduti! Ma tutti era prima di tutto dei perfetti “scolari”, che conosceva perfettamente lo stato della musica de loro tempo. Ma ciascuno di essi, si sono lasciati trasportare dalla corrente “innovativa” che la musica ha sempre in sé, e con la guida del loro “genio” hanno saputo “portare oltre” i suoni, le melodie. Ancora la musica ci insegna che non bisogna attribuire alla genialità il detto “genio e sregolatezza”;quanti sono i “geni” che nella loro vita sono stati dei “ragionieri”! La genialità è una persona signorile, elegante, gentile, paziente, con una borsa come quella di Mary Poppino, da cui estrae luminari che accendono il cervello, parole bisbigliate, appena indovinate su cui l’artista mette il suo soffio. La genialità è un buon caffè alle tre di notte. Sì la genialità è leggerezza. Eppure questa leggerezza spesso arriva dopo ore e ore di inclinazione sulla scrivania, di lima della frase, di cancellature di parole e di pensieri.
Gustave Flaubert sapeva bene quanto gli fosse costata “di salute” la “leggerezza” di Madame Bovary! La genialità è in fondo ciò che i greci chiamavano il “kairos”; la chance, l’opportunità, la fortuna, il fortuito. Il caso. Eppure la genialità non arriva a caso; a colui cui arride il genio, è data una solidità di fondo (ad di là della eventuale sregolatezza della sua vita artisitica e personale), che fissa l’eccesso della genialità, a fare si che un’opera infine non può più essere ignorata, messa da parte, perché è una tappa obbligata della nostra storia. Infine, la genialità non ha un censo, essa attraversa tutte le classi sociali, in questo senso ribadiamo che è anarchica e che al di là di tutte le politiche resta una straordinaria forma di democrazia e di libertà, di entusiasmo e di energia. Permettetemi a questo punto di andare a cercare la mia lampada con il mio genio, che come voleva Nietszshe era “nel cuore” e per lui aveva nome “Dioniso”, un nome di un dio dell’arte e della vita. E forse, sì, alla fine possiamo dire che la vita è sempre “geniale”, anche quando ci fa stare male, perché sa raccogliere dal dolore il canto d’amore e questo è già gioia; il canto di gioia della genialità.
- VIA
- Roberto Borghesi