Vignettopoli
L’appassionato percorso di una donna… che reggeva il cuore
Tempo fa le giovani debuttavano in società. Oggi si debutta in letteratura ed Angela Olino ha indossato, per l’occasione, il suo abito migliore.“La donna che reggeva il cuore” è un vagare solitario compenetrato di sguardi, passi, ricordi e soprattutto parole.
La decisione di alternare il poemetto in prosa e la lirica ha portato l’autrice a scavare in profondità nel suo animo percorrendo, ermeticamente, un tragitto che dall’io è esploso nell’altro. E’ un moto fluido di poesia e prosa legato, in modo indissolubile, dalle forze dell’anima che ossessivamente pulsano per il dolore. Le parole hanno perso la loro forma originaria per scomporsi autonomamente in odori, colori ed angoli nei quali Angela attende, in silenzio, trattenendo il respiro.
“La donna che reggeva il cuore” è la tua prima opera pubblicata?
Sì, è la mia prima raccolta di prosa e poesia. In verità, ti devo confessare che ho pensato alla scrittura e alla pubblicazione di ciò che sentivo dentro grazie al social network Facebook. Ho avuto molto riscontro per ciò che scrivevo nei post, molti commenti e molti suggerimenti che mi hanno portato a riflettere su ciò che potevo fare.
Il libro sembra un lungo racconto spezzettato da vedute di un “io narrante” che si ferma ad osservare, con amore universale, le pose delle persone per estrapolare, in un secondo momento, le loro storie. Sei d’accordo?
Sì, sono pienamente d’accordo. Quello che scrivo è ciò che sento, niente di più. Attraverso ciò che sento, riesco ad esprimermi. I miei occhi guardano il mondo e traggono sensazioni che si trasformano in pensieri per poi successivamente esplodere in parole. Io desidero rapportarmi con il passante, con il lettore. La mia forza più grande e ciò che mi aiuta a proseguire è il mio bisogno di dar voce al cuore delle altre persone.
Il continuum narrativo del libro si divide in due trame parallele che, continuamente, s’intrecciano. La prima ha come soggetto “l’io”, la seconda “l’altro”. Quale rapporto esiste fra le due trame?
Probabilmente le due trame nascono in contemporanea. Quando utilizzo “l’io” è perché il mio animo ha bisogno di far uscire la mia parola e quindi, di conseguenza, anche me stessa. Quando, invece, il protagonista è “l’altro” è perché ho bisogno di parlare con gli altri. Io scrivo perché per me è una necessità portar fuori me stessa, veder me stessa crescere e maturare. Non è facile mettersi in gioco. In “La donna che reggeva il cuore” ci sono pezzi di stile ermetico molto forti. Il contenuto di questi pezzi pesa violentemente sulle parole, riuscendo ad estrapolare concetti profondi che riguardano tutta l’umanità, non solo me stessa.
“L’io” è la donna che reggeva il cuore?
No. Il titolo del libro nasce perché avevo voglia di raccontare la storia di una donna comune, la vicina di casa, la donna che s’incontra al mercato, la donna che combatte contro un’estetica propinata dalla tv e dalle riviste ma che non riguarda l’estetica assoluta. Volevo identificare tutte queste donne normali in “La donna che reggeva il cuore”. “L’io” è un’atra cosa, un’altra parte del libro. Ci sono racconti e poesie che non riesco a rileggere, provo un enorme dolore, sono così intimi da suscitare in me immagini che mi fanno stare male spiritualmente e fisicamente.
Esiste una motivazione per i nomi di donna che hai inserito: Gemma, Donatella, Asia, Claudia, Lucia, Anna, Erica, Ania?
No, sono nomi che ho inserito senza pensare ad una persona in particolare di riferimento. Solamente uno di quelli indicati è il nome di una persona che ho amato davvero molto. Ma ora ho perso le sue tracce. Ania ha segnato la mia vita, ne parlo nel breve racconto “Ania regina di periferia”.
In alcuni ritagli son gli uomini a provare, a parlare. Tre volte si legge il nome Andrea. E’ lo stesso personaggio o è una casualità?
E’ una casualità. In questi pezzi ho voluto fare un esperimento: volevo entrare nella visione degli uomini, provare a descrivere i sentimenti degli uomini. Non so se sono riuscita a carpire bene l’animo maschile perché sono una donna, ma volevo comunque provare. Per esempio, ora, mi viene in mente “Davide non ha più freddo” nel quale descrivo un uomo che potrebbe avere tutto, ha soldi, un buon lavoro ma ama una donna che non potrà mai fare parte della sua vita perché gli sfugge continuamente.
Il tema comune che unisce prosa e poesia è la storia d’amore interrotta ed incompresa?
Sì, c’è una tematica comune che scivola dall’inizio alla fine del libro. E’ l’amore, ma non l’amore inteso come attrazione fisica, piuttosto, è l’amore sentito come amore per il mondo, amore universale. Infatti, non mi sono soffermata solo su tematiche che riguardavano prevalentemente la storia d’amore tra uomo e donna e, quindi, la difficoltà di comprendere l’amore. Mi sono rapportata con persone che non hanno sofferto per amore ma per mancanza di esso. Ho toccato anche altre tematiche fra le quali la pedofilia. “Macigni di mente” nasce da una storia vera, è stato un racconto di una persona che mi scrisse in privato, mi ha raccontato la sua storia in tre righe. Le tre righe mi hanno trascinato, sono entrata in contatto con quella persona e con il suo dolore. Io ho sempre percepito intensamente il dolore degli altri. Così è nato il racconto “Macigni di mente”.
Si potrebbe definire il tuo modo di scrivere come una ricerca di musicalità pregna di odori e colori?
Assolutamente sì. Questa descrizione la ritrovo spesso nei commenti delle persone che leggono le mie parole. Si percepisce il suono, i passi, i contorni del corpo dei personaggi descritti. Una sinuosa unione tra olfatto, tatto e vista provoca la musicalità dei miei pezzi. La mia scrittura è impulso. E’ sempre definitiva, non rileggo, non sistemo i versi, i sintagmi. Non so cosa significa rifinire un pezzo. E’ spontaneamente cruda, non cerco di colpire il lettore, non ricerco approvazione.
In un verso di “Uomini ad ambire il potere” domandi “Cosa sarebbe l’uomo senza la follia?”. Tu, ci sai dare una risposta?
Questo è un pezzo di piccola prosa al quale sono molto legata. Io sono convinta che l’uomo, inteso come essere umano, senza follia non sarebbe nulla. La follia è necessaria per alimentare i sogni, le speranze, le aspettative. L’essere umano folle percepisce il mondo in modo particolare, senza limiti razionali che, spesso e volentieri, rinchiudono la mente in compartimenti dai quali è difficile uscire fuori e capire ciò che si vede o si sente. La follia ti fa immaginare un cielo senza stelle, ti porta al mare d’inverno con il caldo dell’estate. La follia è propria degli artisti, tutti gli artisti, soprattutto dei poeti. L’uomo, senza follia, vivrebbe in modo banale.
Qual è la percentuale di autobiografia all’interno del tuo libro?
Questa è una domanda che mi fa sorridere. E’ alta, molto alta. In “La donna che reggeva il cuore” c’è molto dolore, e questo viene percepito dai lettori. Spesso mi si dice che sentono dolore e taluni s’incuriosiscono e mi chiedono: “Ma che cosa ti è successo?”. Ma non posso rispondere a questa domanda, il dolore non si può raccontare in due parole. Sin da piccola ho sempre letto libri di ogni genere, spaziavo dalla politica al genere erotico. Ma son fortemente legata ai poeti francesi ed inglesi che hanno segnato l’inizio e la fine di quel periodo letterario chiamato romanticismo. Il dolore era sentito, vissuto, scritto. Quando sono molto sofferente cerco un autore, Charles Baudelaire.
Nel social network Facebook esiste una pagina fan chiamata “L’alchimia dell’anima”. Com’è nata?
“L’alchimia dell’anima” è stato il mio primo approccio al virtuale. Dopo aver lasciato il lavoro di responsabile di un albergo, ho capito che la mia strada era scrivere. Inizialmente ho aperto un blog, ho avuto molti riscontri favorevoli, era seguitissimo ma non gradivo molto l’uso del nickname, mi sembrava poco personale. Io, nel blog, inserivo la mia anima. L’ho chiuso e ho aperto su Facebook “L’alchimia dell’anima”, anche questo seguitissimo. Il mio scrivere ha sempre fatto parte di un’alchimia. L’alchimia intesa come percezione, intuizione, non magia. L’alchimista è colui che riesce a plasmare la parola in arte ed accostando l’alchimia e l’anima è come se volessi arrivare a conoscere le sensazioni, l’anima profonda delle persone, dell’altro. Il saper compenetrare l’altro non si può inventare, si ha all’interno. Io sono legatissima a questo mio modo di percepire, di vedere e di sentire. E’ stato grazie ai miei lettori che sono arrivata a pubblicare questo primo libro. Io ero già sazia di gratificazione con i commenti, le chiamate, le e-mail degli utenti che percepivano me stessa ed il loro essere attraverso le mie parole.
Non hai timore che qualcuno possa prendere i tuoi pezzi con il classico copia/incolla utilizzato dagli utenti?
No, non mi interessa anzi mi procura piacere vedere i miei versi sparsi per tutti i blog, per tutto il mondo d’internet. Io credo nel mio stile, è personalissimo. Non si può imitare lo stile di un’altra persona. Tutto il resto è pubblicità. Ho già trovato alcuni miei estratti in blog di persone che non conosco, però anche il mio nome era riportato.
Hai intenzione di presentare pubblicamente “La donna che reggeva il cuore”?
Si certo, e sarà una grande emozione, una comunione di progetti artistici. Ti dico soltanto il mese e il luogo. La presentazione del libro sarà a maggio alla Reggia di Caserta.
Hai qualche anticipazione per progetti futuri?
C’è un altro progetto al quale sto lavorando. E’ un romanzo e sono anche a buon punto. E’ un romanzo creato da dialoghi teatrali tra me e un’attrice Mariella Russo. Insieme scriviamo dialoghi dell’anima. Io e Mariella non parliamo normalmente come fanno due persone davanti al the ma, come se fossimo due attori sopra un palcoscenico a teatro. Spero di terminare questo progetto, non solo per me, soprattutto per Mariella. Sogno di veder vivi i miei personaggi, di veder rappresentato a teatro ciò che ho scritto. Tengo tantissimo a questo, ma un po’ alla volta. Ci sarà il tempo in futuro anche per questo.
Nell’attesa del debutto in società di questa particolare “donna” che si racconta e parla al cuore delle emozioni, nella stupenda cornice che l’accoglierà, La Reggia di Caserta, non possiamo che augurare all’autrice di poter “reggere” bene la scena, come lo fa “La donna che reggeva… il cuore.”.