Vignettopoli
Dalla parte di ABELE
Da un’indagine compiuta dall’Eures- Istituto per le ricerche economiche e sociali, sulla “certezza della Pena”, i dati emersi, sono a dir poco preoccupanti e le pene detentive, ben lontane da quello che il Codice Penale prevede e che se applicate, punirebbero davvero un colpevole, continuano ad offendere chi si ritrova a subire un reato.
Chi delinque ed è condannato, ha già precedenti penali, difatti, la recidività sembra essere una costante, nonostante le possibilità che la Legge offre al fine di redimere le sue pecorelle nere. Ma ancor più allarmante sono i condannati tra queste fasce: giovani e donne in continuo aumento. I dati in questione riguardano casi passati in giudicato, e che comprendono gli ultimi dieci anni.
La mancanza della certezza di una giusta condanna e di avere giustizia da chi subisce un reato contro la sua persona, comincia a essere, secondo questi dati, una chimera. Oltre ad aver poca fiducia nella Magistratura- com’è emerso da una recente sondaggio che ha messo in evidenza una quasi metà degli italiani, a Lei, poco affezionati, ecco l’indagine Eures che non mancherà di suscitare del malcontento tra le persone.
La gente, che sia reato contro le cose o persona, che opinione comincia a farsi, ci chiediamo noi, poiché, pare non si riesca a colpire che un numero irrisorio di rei, ed anche tra questi, non sempre la condanna, è proporzionale – in termini di anni- al reato ascritto loro.
Che cosa sta succedendo in questa nostra società che tutela troppo “Caino” e si dimentica sempre di “Abele”?
Lo chiediamo alla scrittrice Cinzia Lacalamita, che con il libro “L’uomo nero esiste”, sta creando un caso nel Web e mettendo le pulci a molti personaggi noti che, secondo lei, dovrebbero cominciarsi a muoversi sul serio per evitare che Caino vinca, sempre e comunque. La lettera della scrittrice al Ministro della Giustizia Angelino Alfano, sta girando in Facebook, nel Web e sempre su più giornali e blog, l’intento è chiaro, aumentare l’attenzione su un problema grave e mal sopportato dalla gente e non solo da chi subisce il reato. Ecco cosa ne pensa.
– Sta succedendo quello che in una Società, mai dovrebbe succedere: i temi importanti, è la certezza della pena è uno di questi, vengono offuscati da tutto ciò che pare interessare solo ed esclusivamente una fascia di politici corrotti e il loro seguito (a prescindere dal partito di appartenenza). Tutti troppo concentrati a tutelare se stessi per mettere a tacere le personali malefatte, tutti troppo concentrati a rimanere aggrappati a una poltrona che offre ricchezza, fama e potere. I bisogni e i diritti dei cittadini passano in secondo piano. Il bunga bunga diventa strumento per distrarre da ciò che realmente conta. Il popolo, in questo modo, diventa un popolo di lobotomizzati. La mia lettera al Ministro Alfano, a differenza di quanto possa sembrare in apparenza, non è una lettera che cerca risposta dal Ministro. Ho adoperato la penna per smuovere le coscienze, per dimostrare che, se spronato, il popolo reagisce. Così è stato: la massa, prendendo spunto dalla lettera, ha detto basta e ha cominciato a pretendere di essere ascoltata. –
Chi è l’uomo nero raccontato da Cinzia Calamita nel suo libro e che si accompagna a storie di vita drammatiche e di pura violenza?
– L’uomo nero è colui che annienta mente e fisico a seconda delle circostanze. Ho scritto storie di violenza sulle donne semplicemente perché, dati alla mano, sono le donne quelle che maggiormente subiscono. Ma la mia non è una lotta tutta al femminile. Anzi. Un essere umano, sia esso uomo o donna, che uccide deve pagare. Deve rimanere in carcere senza sconti, non solo per una questione di giustizia, ma anche per una questione di tutela dei cittadini onesti. Nessuno può garantirci che chi uccide una volta non lo faccia di nuovo se messo in condizione di riappropriarsi della libertà.-
Tutti ormai, per farsi ascoltare scrivono lettere, e poiché l’ex moglie di Berlusconi, ha cdato il là , oggi lo fanno un po’ tutti e considerando il ritorno che se ne ha, scrivono a questo o a quel giornale e alzano la voce. Un escamotage per evitare lunghe trafile d’ascolto? Una tendenza che sta prendendo piede tra la gente comune che impara dai comportamenti dei VIP e li fa propri per portare avanti una giusta causa?
Cinzia Lacalamita, ha scelto la stessa strada e scritto la sua lettera, non a un giornale ma a un ministro. Cosa si aspetta dalla lettera inviata al Ministro della Giustizia, Angelino Alfano?
– Dal Ministro non mi aspetto nulla. Ad essere sincera, neppure m’interessa una risposta. Mi interessano i fatti perché, ormai, le chiacchiere stanno a zero: la gente viene uccisa ogni santo giorno, una risposta ben formulata da parte del Ministro a nulla serve. Sono certa che il Ministro mi ha letto: spero lo abbia fatto con gli occhi di un padre e non con quelli di un politico. Per il resto, come ho già detto, ho scritto non per lui ma per dimostrare al popolo che ha ancora voce in capitolo e che può ribellarsi e chiedere e pretendere: non sta scritto da nessuna parte che dobbiamo servire solo per dare un voto, che dobbiamo solo pagare le tasse e accettare il bunga bunga. La libertà di espressione nessuno ce la può togliere: molti sembrano averlo dimenticato.-
Quanto vale la vita di un uomo/donna, secondo lei?
– Io vivo facendo il conto alla rovescia. Alla fine di ogni giornata dico a me stessa: “Porca miseria, un giorno in meno da vivere”. Mi scoccia, caspita se mi scoccia pensare che, prima o poi, l’esistenza terrena finirà. Perché la vita, con le sue gioie e i suoi dolori, rimane la cosa più preziosa che abbiamo. Non c’è nulla che valga di più della vita in sé, peccato che molti se ne accorgano solo quando sono al capolinea. E troppi pensano di poter porre fine alla vita altrui come se si trattasse di un gioco. Quando riusciremo a dare, tutti, il giusto valore alla vita, allora riusciremo a infliggere la giusta punizione anche a chi la toglie. –
Fermare l’UOMO NERO, si può, o è solo una mera illusione?
-Si può. Si deve. È da sciocchi pensare di arrivare ad un mondo in cui l’uomo nero non esista più. Ma è ancora da più sciocchi pensare di rimanere a guardare un mondo dove l’uomo nero colpisce indisturbato. Molte denunce non vengono accolte con la dovuta attenzione, molte morti sono morti annunciate ed evitabili. È necessario riprendere in mano la situazione: le leggi ci sono, vanno applicate. Inoltre, c’è l’urgenza che tutti comincino a preoccuparsi non solo di se stessi, ma anche del proprio vicino. Bisogna iniziare ad esporsi, a smetterla di far finta di non vedere, di non sentire: meno filmatini su You Tube, che riportano scene allucinanti e più chiamate alle Forze dell’Ordine. Rendiamoci conto che oggi la morte viene videoripresa: davanti ad un incidente, a un pestaggio, si pensa a creare filmati d’impatto, invece di chiamare i soccorsi. Piantiamola!-
Abbiamo assistito a episodi per i quali chi ha un “nome” altisonante, se gli succede qualcosa, la giustizia si muove veloce. E’ questo il caso della signora Anna Oxa, colpita da stalking recentemente e notiziona, che ha occupato le pagine dei più famosi tabloid. L’interesse è andato alle stelle ma per le vittime dal nome qualunque, non è mai così.
Siamo tutti cittadini di serie B per chi ci governa e giudica, tranne alcune caste alle quali non apparteniamo?
– Senza dubbio i cittadini vengono aiutati o non aiutati a seconda della casta cui appartengono. Il caso Oxa è diventato fenomeno mediatico. La Oxa è stata tutelata subito. Su internet è possibile trovare la registrazione dell’ultima chiamata fatta al 113 da Monica Da Boit, giovane donna uccisa dal compagno della quale parlo nel libro. Monica, prima della sua tragica fine, è stata più volte in Ospedale per fratture, ferite, contusioni. Eppure la volante della polizia, un’occhiata sotto la casa di Monica non è andata a darla. E Monica è morta con il fegato spappolato: non era forse evitabile? In un’intervista alla madre di Monica, un giornalista dice che, tutto sommato, la polizia non può intervenire sempre perché ci sono tanti falsi allarmi. Meglio intervenire diecimila volte per dei falsi allarmi, piuttosto che portarsi addosso il peso di una morte che poteva non esserci. Se fosse stata la Oxa a telefonare e a dire: “ho paura di cosa accadrà quando tornerà a casa il mio compagno”?-
Cosa si propone di fare con il libro e con questa battaglia a favore delle già tante vittime sopravvissute a un lutto o loro stesse ad una morte certa, che lei ha conosciuto, molte delle quali raccontate nel suo libro “L’uomo nero esiste”?
-Il mio obiettivo rimane sempre e solo uno: nei libri che hanno preceduto l’uomo nero, nell’uomo nero, in quelli che verranno dopo, l’obiettivo è dare voce a chi voce non ce l’ha. Io scrivo per la gente, sempre e comunque. Per questo scrivo in maniera semplice, diretta, con frasi brevi. Non devo dimostrare di essere un pozzo di cultura: non devo procurarmi orgasmi mentali rileggendo una frase non comprensibile alla massa se non con l’ausilio di un vocabolario, devo arrivare a tutti come un pugno allo stomaco. Perché solo un pugno allo stomaco fa riflettere, ricordare.-
-Come riesce Cinzia Calamita a proteggersi psicologicamente, da tanta tragicità che le raccontano ogni giorno, dato le tematiche che tratta?-
– Non mi proteggo. Pago le conseguenze: tante e tutte care. E mi va bene così.-
Oggi l’editoria è cambiata. Lo scrittore si muove impavido sul palcoscenico editoriale e mostra i suoi assi nella manica. Non aspetta che sia l’editore a tracciare la sua strada, la disegna l’autore, perché ci crede in ciò che scrive. Questo è il caso di Cinzia Lacalamita che si muove in una bolgia (Facebook) impazzita dove tutti scrivono e tutti vorrebbero farsi pubblicare, leggere ma pochi ci riescono, nonostante gli sforzi profusi. La personalità, l’accanimento, con il quale si persegue un obiettivo è proprio di questa giovane donna che ha dato un volto alla sua scrittura, muovendosi nel sociale, con determinazione. Odiata amata, da alcuni osteggiata e criticata e da moltissimi altri, amata e apprezzata. Una donna di sicuro successo.
A questo punto chiediamo a Cinzia, uscendo dal discorso iniziale, poiché il suo libro esaurisce le scorte in ogni angolo in cui lo presenta: “ Scrittori, si nasce o si diventa?”
-Scrittori si nasce. Rigorosamente si nasce: tutti possono scrivere in maniera corretta. Pochi possono scrivere rimanendo umili servitori del lettore. Lo scrittore “vero” ha un rapporto d’amore costante con il lettore. L’onestà intellettuale, il desiderio di dire, di dare, di non deludere, di non svendersi… sono cose che nessun manuale può insegnare. Tanti credono che, solo per aver messo quattro righe in croce, seguendo le regole della lingua italiana, possono ritenersi “scrittori”. Mentre lo pensano, prendono in giro se stessi. Con il tempo si possono solo affinare le tecniche, ottimizzare le proprie competenze, ma non s’impara ad amare un foglio bianco, a desiderare di riempirlo, ad immedesimarsi in chi andrà a leggerlo…-
Che ci piaccia no, da Cinzia Lacalamita s’impara sempre qualcosa. Chi è intellettualmente onesto, lo comprende, chi invece non ha voglia di fare nessuno sforzo alle sue celluline grigie, continuerà a seguire le sue chimere e quelle idee, che crede sue, ma sono sempre di qualcun altro.