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LA SICILIA DI ALICE VALENTI
Alice Valenti è una bravissima artista siciliana che realizza opere basate sull’iconografia classica dell’isola: a Lei chiediamo di farci conoscere l’artista e la sua arte.
Alice, come nasce la passione per la cultura siciliana e per i tipici carretti e pupi?
“Ritornata in Sicilia dopo il periodo universitario sentivo l’esigenza di riallacciare le fila con la mia terra. Così, sfogliando un bellissimo libro sul Carro Siciliano edito da Flaccovio nel 1959, approdo ad Aci Sant’Antonio, nella bottega di pittura di carretti del Maestro Domenico Di Mauro. Cinque anni di apprendistato per imparare i segreti di un mestiere complesso in via di estinzione, durante i quali mi sono appassionata anche ad altri aspetti dell’arte popolare siciliana, tra cui l’Opera dei pupi”.
Qual è la loro origine e cosa comunicano?
“Anticamente il trasporto di merci e persone avveniva via mare o a dorso di mulo. A partire dal 1830, grazie all’apertura di alcune “regie trazzere” volute dal governo borbonico ad uso militare, nasce il nostro carretto, e subito diventa il principale mezzo di trasporto dell’isola. I carrettieri compivano lunghi viaggi spostandosi da una provincia all’altra, e così viaggiavano anche le storie dipinte sulle sponde del carro: Vite dei santi, Crociate, Storie dei Paladini di Francia, Opere liriche, perfino fatti di cronaca, che suscitavano curiosità e ammirazione. Dal punto di vista artistico e tecnico, il carretto è tutto una regola, un insieme di codici, frutto di molteplici ispirazioni e di secoli di dominazioni straniere. In un certo senso rispecchia la complessità dell’isola in cui è stato creato: Guy de Maupassant nel 1885 lo definì “un rebus che cammina”.
Un apparato decorativo imponente che tuttavia conserva la leggerezza dell’arte popolare”: Cavalli per le feste, cantastorie, fiabe tipiche delle campagne siciliane…
“L’arte affabulatoria, di incantare raccontando, è una magia che esisterà finche esisterà l’uomo. Il carretto, così come l’opera dei pupi e ancor prima il “cunto”, raccontava dell’eterna lotta tra il bene e il male, di ingiustizie e rivalse, amori e tradimenti, eroi e divinità, contribuendo alla creazione di un immaginario collettivo che ancora persiste. La mia ricerca artistica si nutre della rielaborazione in chiave contemporanea delle tematiche folkloristiche e del patrimonio collettivo che ci portiamo tutti dentro”.
Aci Trezza è la sede del suo laboratorio: com’è stato il rapporto con la città del Verga?
“Dopo l’esperienza nella bottega di carri, desideravo approfondire il collegamento esistente tra i due storici mezzi di trasporto – la barca e il carretto – fondamentali per la storia economica dell’isola ma anche incredibilmente carichi di significati “altri”: entrambi veri e propri libri aperti, con un intrigante apparato simbolico-decorativo. Accostandomi alla realtà dei maestri d’ascia di Aci Trezza ho scoperto un microcosmo ricco di suggestioni e delle persone meravigliose. Amo trascorrere lì, il mio tempo, accogliere i visitatori e progettare nuove opere”.
E la storia del cantiere navale Rodolico?“I Rodolico sono un vero e proprio Patrimonio Collettivo. Da cinque generazioni questa famiglia di maestri d’ascia custodisce un sapere antico – l’arte della costruzione delle barche – che si tramanda inalterato da millenni. Una realtà artigianale che l’attuale modello di sviluppo economico tende a schiacciare, a dispetto dei numerosi attestati di merito (Salvatore Rodolico- classe 1937- dal 2018 figura nel Libro dei Tesori Umani Viventi del REIS Sicilia). Negli ultimi anni i maestri d’ascia hanno aperto le porte del Cantiere all’Arte e alla comunità: i tempi sono maturi perché questo prezioso tassello dell’identità di un territorio si innesti nuovamente nel tempo presente, facendo rete e proiettandosi nel futuro”.
Che cos’è il progetto Spiranza e cosa comunica?
“Il mio incontro con la famiglia Rodolico è avvenuto nel 2016 in un momento drammatico in cui la sopravvivenza del Cantiere era minacciata da una politica ottusa e senza scrupoli. Dalla nostra alleanza è nato un progetto fertile e in continuo divenire: Spiranza è una barca dipinta e un documentario – per la regia di R. Napoli e V. Drago – che racconta la mia permanenza in cantiere e l’operazione di restauro e pittura della barca. Più in generale, il documentario è un momento di riflessione sulle dinamiche di sviluppo di un territorio nel rispetto della sua identità”.
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