Janeleggedinotte
Ombre di ghiaccio
Ombre di ghiaccio di M.Saracino (2014,Dunwich Edizioni)
La scoperta di un tradimento è sempre un evento traumatico in grado di generare in chi lo subisce una riconsiderazione della propria vita di coppia sentita come qualcosa di impellente che deve essere immediatamente elaborato e “inquadrato”. Quando la coppia si frantuma, non è solo il legame in sé che si sgretola, ma la visione che i partner hanno della loro intera esistenza, talvolta succede che una ferita d’amore si porti dietro un corollario di bisogni emotivi inespressi, conflitti rimossi e difese psicologiche inadeguate.
In questo horror che ho letto tutto d’un fiato, il viaggio dell’eroe inizia proprio dalla scoperta del tradimento della compagna, Domenico in preda alla rabbia e all’innominabile delusione, ferito nell’orgoglio soprattutto per aver sradicato la sua vita per seguire le scelte di Cristina, abbandona l’auto nei pressi di un bosco e si addentra nei sentieri selvaggi e incontaminati. Come il protagonista di Into the wild, Domenico si immerge completamente nella natura, distrugge il cellulare, abbandona i suoi averi e senza acqua né cibo, inizia il viaggio della scoperta. Quello che sembrava un luogo incantato presto si rivela l’habitat di uno spietato demone che si reincarna nelle sue vittime cibandosi di loro, le costringe dentro un limbo in eterno. Il protagonista non poteva sapere in cosa si stava cacciando e attraverso le azioni delle vittime di cui il demone si è cibato, si intravede con una certa ansia il destino terrificante che attende chiunque si addentri nel bosco maledetto.
In un primo momento, l’io del protagonista si lascia dominare dalla rabbia più cieca, la delusione è ingestibile e utilizzando la videocamera del cellulare proietta l’odio verso la compagna. Dal momento in cui Domenico si distacca dal mondo reale, con il gesto simbolico di abbandonare nel bosco il cellulare, egli attua una conversione psicologica verso un sistema di credenze simboliche e mistiche che hanno radici molto antiche. Anche l’incontro con il demone del bosco, travestito nelle sembianze di una giovane fanciulla, non sarà per lui così terrificante perché egli ha attuato un annullamento di sé stesso buttando giù tutte le sovrastrutture che prima di quel giorno avevano rappresentato per lui solo labili certezze. Un aspetto che ho apprezzato e trovato originale è l’utilizzo della parola come mezzo per trasformare in desiderio parlante il disagio affettivo del protagonista. Domenico, traduce il suo dolore nella parola, le verbalizzazioni di Domenico scatenano degli eventi, prima la fidanzata e l’amante corrono ad aiutarlo spinti da un ipocrita senso di colpa, poi c’è Marzia una delle vittime sacrificali del mostro, che usa la parola per spronare i personaggi a difendersi, li guida verso la salvezza. La funzione della parola è simbolica in questo romanzo, colpisce l’Inconscio dei personaggi e li porta a trasformarsi secondo il volere del Demone. Quest’ultimo quando si mostra al protagonista con le sue reali fattezze annulla la dimensione di paura e tensione che aleggia in tutto il romanzo e che tiene il lettore con il fiato sospeso. Ciò accade perché Domenico ingloba quella paura e la fa diventare una risorsa identificandosi con l’archetipo del Demone-Dio, per questa ragione l’iniziale desiderio di vendetta lascia il posto alla rinascita. La rabbia di Domenico viene proiettata dentro un ordine di giustizia superiore e più antico rispetto alle leggi degli uomini, così almeno lo vive il protagonista.
Consigliato a chi deve iniziare il proprio viaggio interiore e necessita di una metafora forte in chiave horror, la vicenda narrata dall’autore ha una forza motivazionale molto accentuata, in ragione del fatto che Domenico non si risparmia un briciolo di indulgenza, di autocritica e tuffandosi dentro il mondo naturale, sfida la paura, e la supera dimenticando immediatamente chi era prima. Azzerando le sue difese rigide, comincia la metamorfosi psicologica che comporta il superamento del concetto di punizione e di vendetta rivolto alla ex, a favore di un distacco metafisico dalla realtà, un ritiro “schizoide” che seguendo la particolare chiave di lettura della vicenda avrà degli effetti “catartici” nel protagonista.
- VIA
- Nerina Elena
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